“I vulcani gemelli addormentati” alle porte di Roma

Uno studio appena uscito su Nature analizza lo stato di attività dei vulcani dei Monti Sabatini, e lo paragona a quello dei Colli Albani. “Non possono essere considerati estinti”

“I Monti Sabatini, così come i Colli Albani, non possono essere considerati vulcani estinti”, scrive Fabrizio Marra, ricercatore INGV e primo autore dello studio “Monti Sabatini and Colli Albani: the dormant twin volcanoes at the gates of Romeuscito recentemente su Nature. Entrambi i distretti vulcanici alle porte di Roma, spiega Marra, “si trovano in uno stato che possiamo definire ‘dormiente‘”.

Un sonno dalle caratteristiche molto diverse: “profondo e tranquillo sui Sabatini , molto più inquieto nei Colli Albani.

Il lago vulcanico di Albano. Foto WikiCommons

Lo studio

Lo studio appena pubblicato è frutto della collaborazione tra l’INGV, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, dell‘Università Sapienza di Roma e del Laboratorio di Geocronologia della Wisconsin University.

Gli scienziati hanno valutato lo stato di attività dei “vulcani di Roma” analizzando le deformazioni del suolo (spesso il movimento dei magmi nella camera magmatica determina l’abbassamento o il sollevamento del suolo) e l’analisi della sismicità locale. Una nuova datazione attraverso lo studio del decadimento radioattivo degli isotopi 40Ar/39Ar ha invece permesso di ricostruire i tempi delle eruzioni del passato.

Dallo studio si conclude che il vulcanismo dei Monti Sabatini è stato molto simile e in gran parte contemporaneo a quello Colli Albani, tanto che i ricercatori da meritarsi l’appellativo di “gemelli addormentati alle porte di Roma“.

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Negli ultimi 600 mila anni i Sabatini, si legge nell’articoli, hanno conosciuto tre fasi principali di attività, separate da periodi molto lungi di quiescenza. I 70 mila anni trascorsi dall’ultima eruzione accertata sui Sabatini, si legge nello studio, sono inferiori alla durata media di queste pause.

E’ anche per questo che, alla luce dei risultati dello studio, i Sabatini, come i Colli Albani, non possono essere considerati estinti.

Non c’è però di che preoccuparsi, almeno nell’immediato: “entrambi i distretti vulcanici laziali offriranno congrui periodi di tempo di segnali precursori prima di una loro eventuale ripresa dell’attività vulcanica”.

Il Lago di Bracciano, sui Monti Sabatini

I vulcani “romani”

I Colli Albani e i Monti Sabatini fanno parte della cosiddetta Provincia Magmatica Romana che comprende anche il distretto dei Vulsini (la zona dell’odierno Lago di Bolsena), e dei Cimini (Lago di Vico). Eruttarono tra circa un milione di anni fa fino a circa 30 mila anni fa. I Colli Albani, alle porte di Roma, sono considerati potenzialmente attivi da tempo, e sono perciò stabilmente monitorati dall’INGV.

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Il magma dei “vulcani di Roma” è mafico, cioè ricco di ferro e magnesio e povero di silice, e ricchissimo di potassio.

Le eruzioni si traducevano spesso in colate piroclastiche e nubi ardenti. Come enormi valanghe, ma fatte di materiali gas incandescenti, che ricoprivano il terreno. Spesso, soprattutto nell’ultimo periodo di attività, le eruzioni avevano una forte componente idromagmatica: l’esplosività era cioè dovuta alla presenza di acqua che entrava in contatto con il magma.

L’aspetto odierno del versante tirrenico del Centro Italia è dovuto in grandissima parte all’attività di questi vulcani. Non solo per i numerosi laghi di origine vulcanica (vicino Roma, quello di Bracciano, Martignano, Nemi e il Lago di Albano). Il materiale eruttato, infatti, raffreddandosi, ha formato le rocce tenere solitamente chiamate tufi. I vasti pianori di tufo, poi incisi dai corsi d’acqua, hanno formato le colline caratteristiche della Campagna romana, del Viterbese e dell’Umbria meridionale.

Nella zona dei Colli Albani sono frequenti i terremoti, sotto forma di sciame sismico, spesso risentiti anche a Roma. Sono anche presenti importanti emissioni di gas, soprattutto nella zona del Lago di Albano. I Sabatini, invece, si trovano in uno stato di quiete quasi assoluta. Anche qui, comunque, non mancano i fenomeni di vulcanismo secondario, come le sorgenti solforose della Caldara di Manziana.

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